Il viaggio di Aristea by Luciano Canfora

Il viaggio di Aristea by Luciano Canfora

autore:Luciano Canfora
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Quadrante Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2018-12-15T00:00:00+00:00


1 Familiari III, 18.

2 L’edizione da cui citiamo è quella del 1613, p. 173.

3 L’excursus sulle biblioteche antiche: l’edizione è quella di Vittorio Rossi, Sansoni, Firenze 1933.

4 «Gaudium: Ho una quantità incalcolabile di libri. Ratio: Ne possiedi più di Tolomeo Filadelfo, il re d’Egitto? Ha fama di aver raccolto i quarantamila libri della Biblioteca di Alessandria: li si cercò in luoghi remoti, a lungo, con tenacia, ma poi arsero tutti insieme. «Erano – dice Livio – lo splendido frutto della raffinatezza e dell’impegno dei sovrani». Seneca, polemizzando contro questa opinione, sostiene che non fu raffinatezza né impegno, ma sfarzo pretensioso – anzi nemmeno questo, bensì sfarzo puramente auto-ostentativo. Comunque sia, tanto le parole di Livio quanto l’impresa di Tolomeo possono forse essere giustificate dalla ricchezza del re. E dallo sforzo lungimirante che il re seppe compiere in favore di un utile pubblico: sforzo meritevole, ché, con zelo e spese eccezionali, egli fece tradurre in greco dall’originale ebraico, da individui prescelti per un’impresa di così grande impegno, le Sacre Scritture, opera necessaria, e non semplicemente utile, all’umanità. E cosa si dovrebbe fare con i privati che non si limitano ad uguagliare, ma addirittura superano lo splendore dei re? Si legge di Sereno Sammonico, uomo di ragguardevole cultura ma di impegno anche maggiore, di molte lettere e di ancor più libri: il suo fondo raggiunse i sessantaduemila pezzi; li lasciò tutti a Gordiano II, del cui padre era stato grande amico. Fu davvero un’eredità ragguardevole e tale da essere sufficiente, in futuro, per molti uomini di cultura».

5 Le lettere ad esponente rinviano alle note di commento delle pagine seguenti.

6 «Di conseguenza – mi vergogno, ma lo debbo ammettere francamente perché sento che è vero – mi è sempre sembrata più giustificabile, e vorrei dire più generosa, l’ambizione del tiranno d’Atene e del sovrano d’Egitto rispetto a quella del nostro capitano: più nobile, insomma, la passione di Pisistrato e di Tolomeo Filadelfo rispetto all’oro di Crasso, anche se costui ha imitatori molto più numerosi. Ma perché Alessandria od Atene non la vincano su Roma, e la Grecia o l’Egitto sull’Italia, anche noi abbiamo avuto principi amanti delle lettere, e in così gran numero che sarebbe difficile ricordarli tutti, e così dediti in questo che alcuni preferirono avere nome di filosofo che di re; e appassionati – voglio ancora dire – non dei libri soltanto, ma di quanto in essi era contenuto. Ci sono infatti persone che, come di tante altre cose, fanno incetta di libri non già per servirsene, ma per la vanità di possederli; non quindi per coltivare la mente, ma per ornare le stanze. Senza dire degli altri, ricorderò intanto che si occuparono della biblioteca di Roma imperatori come Giulio Cesare e Cesare Augusto. Cesare ne assegnò la direzione – e lo si dica con buona pace di Demetrio di Falero che, per questa sua attività, fu famoso in Egitto – a un personaggio che a questi non era certo inferiore, ma forse superiore, e cioè a Marco Varrone; Augusto a quell’uomo coltissimo che fu Pompeo Macro.



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